Il prossimo 8 marzo la marea femminista tornerà nelle strade di tutto il mondo con lo sciopero globale delle donne.
Il rifiuto della violenza maschile in tutte le sue forme e la rabbia di chi non vuole esserne vittima si trasformeranno in un grido comune: da #metoo a #wetoogether.
Sarà sciopero femminista perchè pretendiamo una trasformazione radicale della società: scioperiamo contro la violenza economica, la precarietà e le discriminazioni. Sovvertiamo le gerarchie sessuali, le norme di genere, i ruoli sociali imposti, i rapporti di potere che generano molestie e violenze. Rivendichiamo un reddito di autodeterminazione, un salario minimo europeo e un welfare universale, garantito e accessibile. Vogliamo autonomia e libertà di scelta sui nostri corpi e sulle nostre vite, vogliamo essere libere di muoverci e di restare contro la violenza del razzismo istituzionale e dei confini.
Sappiamo che scioperare è sempre una grandissima sfida, perchè ci scontriamo con il ricatto di un lavoro precario o di un permesso di soggiorno. Sappiamo quanto è difficile interrompere il lavoro informale, invisibile e non pagato che svolgiamo ogni giorno nel chiuso delle case, nei servizi pubblici e privati, per le strade.
Sappiamo che scioperare può sembrare impossibile quando siamo isolate e divise.
Sappiamo che il diritto di sciopero subisce quotidiane restrizioni.
Lo sciopero dell’8 marzo in Italia dovrà affrontare anche le limitazioni imposte dalle franchigie elettorali, che impediscono ad alcune categorie di incrociare le braccia nei 5 giorni che seguono il voto del 4 marzo.
Sappiamo anche, però, che lo scorso anno siamo riuscite a vincere questa sfida, dando vita a un imponente sciopero sociale, sostenuto da alcuni sindacati e agito con forme e pratiche molteplici che ne hanno esteso i confini.
Quest’anno, alcuni sindacati hanno già dichiarato lo sciopero. Molti mancano ancora all’appello. Di fronte alla più grande insorgenza globale delle donne contro la violenza patriarcale e neoliberista, noi crediamo che i sindacati debbano cogliere quest’occasione unica, prendendo parte a un processo che combatte la violenza maschile e di genere come condizione fondamentale della precarizzazione del lavoro.
Lo sciopero femminista coinvolgerà il lavoro produttivo e riproduttivo, andrà oltre il corporativismo delle categorie e i confini nazionali, unirà le molteplici figure del mondo del lavoro e del non lavoro. In questi mesi di campagna elettorale, non c’è lista o partito che non citi nel suo programma la violenza contro le donne senza però riconoscere il carattere sistemico della violenza e senza mai porre realmente in questione i rapporti di potere vigenti. Contro ogni strumentalizzazione, contro il razzismo fascista e quello istituzionale, che usano i nostri corpi per giustificare la violenza più brutale contro le migranti e i migranti e ulteriori restrizioni alla loro libertà di movimento, rivendichiamo la nostra autonomia e ribadiamo la necessità/volontà di autodeterminarci. Il piano su cui ci interessa esprimerci è il Piano Femminista contro la violenza maschile e di genere, il nostro terreno di lotta e rivendicazione comune, scritto da migliaia di mani in un anno di lotte.
Grideremo a tutto il mondo che non siamo il campo di battaglia né il programma elettorale di nessuno. Abbiamo il Piano femminista per riprenderci ciò che vogliamo. Occuperemo lo spazio pubblico per riaffermare la nostra autonomia e forza politica. Il nostro movimento eccede l’esistente, attraversa frontiere, lingue, identità e scale sociali per costruire nuove geografie.
Al grido di #WeToogether il prossimo 8 marzo questo movimento mostrerà ancora una volta la sua forza globale.
Noi scioperiamo!