“Il buon tedesco” – Storia di Rudolf Jacobs: disertore, partigiano, uomo libero
di Roberto Molentino
Una recensione del libro “Il buon tedesco” di Carlo Greppi, che verrà presentato al Kascignana Festival il prossimo 7 agosto.
Se la coscienza è un fortino contro il rimorso, Rudolf Jacobs ha saputo difenderlo al prezzo della sua stessa vita.
È questa, in estrema sintesi, la vicenda umana narrata da Carlo Greppi nel suo libro “il buon tedesco”, un saggio storico intenso, ricco di dettagli e appassionante come un romanzo, che ripercorre l’ultimo tratto della vita di un capitano della marina militare tedesca che, inviato in Italia, dalle parti di La Spezia, poco dopo lo sbarco alleato in Sicilia, sceglie di disertare per combattere al fianco dei partigiani italiani, contro i suoi vecchi commilitoni e il nazifascismo.
Scelte come quella di Jacobs non furono certo casi isolati: si calcola che furono circa 100.000 i soldati nazisti che decisero di “tradire” una patria che era diventata “un organismo di esclusione e distruzione”.
Greppi ci accompagna all’interno di una vicenda storica complessa, che ci aiuta innanzitutto a superare una certa visione stereotipata del popolo tedesco, ingiustamente e generalmente ritenuto, ancora oggi, come incapace di dissenso nei confronti del nazismo, visto che furono quasi un milione i tedeschi internati nei campi di concentramento perché appartenenti, a vario titolo, alla “complessa galassia delle resistenze al regime”.
Attraverso la ricerca sulla vita di Rudolf Jacobs, inoltre, si fa luce sul dissenso interno ai ranghi militari nei confronti del nazismo, dimostrato non solo dal cospicuo numero di disertori, ma anche da quello relativo alla condanne a morte eseguite nei confronti dei soldati “traditori”: il regime nazista, infatti, eseguì durante il secondo conflitto mondiale ben 15.000 sentenze di morte; un numero impressionante se comparato alle sole 48 condanne dell’esercito tedesco eseguite durante il precedente conflitto mondiale e le appena 46 condanne a morte comminate dalla Gran Bretagna nella seconda guerra mondiale.
Rudolf Jacobs nativo di Brema (dove oggi c’è, non a caso, un monumento al “disertore ignoto” e città che fin dagli anni Ottanta fu promotrice della riabilitazione dei disertori), si fa notare fin da subito dalla popolazione civile per la sua umanità e per il suo modo di fare nettamente diverso dagli altri soldati tedeschi, adoperandosi, ad esempio, per sequestrare alimenti al mercato nero per redistribuirli gratuitamente alla stremata popolazione civile.
Nel settembre del 1944, con il cuore in subbuglio per la sorte dei propri cari in Germania, Rudolf abbandona la sua base e si unisce alla Brigata Garibaldi “Ugo Muccini”.
I partigiani, che con altri disertori erano stati maggiormente prudenti, temendo sempre possibili trappole, con Rudolf si fecero bastare uno sguardo e una stretta di mano.
Il valore umano di Rudolf era così chiaro a tutti e che i suoi compagni di lotta contro il nazifascismo cercarono di tutelarlo il più possibile dalle azioni più pericolose, convinti che la Germania avrebbe avuto bisogno di lui per ricostruirsi, dopo la guerra, pacifica e democratica.
Lui, però, sceglie di stare in prima linea, morendo, nel novembre del 1944, nell’assalto a un hotel di Sarzana (il “Laurina”) usato come caserma dai fascisti delle Brigate Nere locali.
Rudolf Jacobs era un uomo che diede ascolto alla propria coscienza; un soldato che decise di non spogliarsi della propria umanità e cedere alla banalità del male, che portò la stragrande maggioranza dei componenti delle forze militari a fare meccanicamente da ingranaggio a una macchina statale che produceva morte e orrori.
I partigiani decisero fin da subito di riconoscere lo straordinario valore di Rudolf, intitolandogli un distaccamento.
A guerra finita, nel 1953, il Consiglio Comunale di Sarzana concesse, all’unanimità, la cittadinanza onoraria alla memoria di Rudolf; nel 1972, inoltre, il Ministero della Repubblica lo insignì della Medaglia d’argento al valor militare.
I suoi familiari hanno deciso di lasciare il corpo di Rudolf a Sarzana, dove oggi lo ricorda una lapide posta sulla facciata del “Laurina”, il posto dove perse la vita per una patria che va oltre le frontiere.
La vicenda di Rudolf, mirabilmente narrata da Carlo Greppi, ci insegna che si può sempre scegliere da che parte stare; che si può rigettare l’omologazione, la visione manichea del mondo e delle relazioni umane; che si può, ancora, essere difensori della propria coscienza libera.
Oggi, più che mai, questo messaggio di umanità e coraggio ci spinge a stare dalla parte dell’ingiustizia e al fianco delle comunità ferite dalla guerra, giudicando gli esseri umani, come ha scritto Primo Levi, “per quelli che sono e non per il gruppo a cui gli accade di appartenere”.