LA “GIORNATA DELLA TERRA” OLTRE IL LOCKDOWN

Roberto Molentino, operatore sociale dell’accoglienza, Arci Lecce 

Il prossimo 22 aprile si celebrerà la cinquantesima edizione della Giornata della Terra, un momento di riflessione collettiva sulla tutela del Pianeta che dal 1970 coinvolge cittadini di ogni parte del mondo. 

Quest’anno, purtroppo, l’emergenza dovuta alla diffusione del coronavirus ci costringe a rinunciare a riempire le piazze e altri luoghi pubblici, ma la questione ambientale si è fatta ancora più pressante e decisiva per il futuro dell’umanità. 

Da più parti è stato sottolineato come la pandemia abbia messo ancor più in discussione un sistema economico globale che produce enormi disuguaglianze e tragiche devastazioni ambientali. 

La giornalista americana Sonia Shah, in un lungo articolo apparso su Le Monde Diplomatique dello scorso marzo dal titolo “Contro le pandemie, l’ecologia”, ha sottolineato, citando numerosi studi scientifici, come il dilagare della deforestazione, dell’urbanizzazione e dell’industrializzazione abbia permesso a diversi agenti patogeni di origine animale di raggiungere con estrema facilità l’uomo. 

Enormi porzioni di terre coltivabili sono state destinate all’allevamento intensivo di animali, con la conseguente comparsa di nuovi virus e un impatto drammatico sulla salute dell’ambiente e degli esseri umani. L’impronta umana sul Pianeta si è quindi fatta sempre più insostenibile. 

Lavorando come operatore sociale dell’accoglienza per Arci lecce, ho potuto conoscere da vicino tanti migranti forzati la cui fuga dal Paese di origine è stata fortemente condizionata da disastri ambientali che generano o acuiscono situazioni di conflitto, discriminazione, violenza.

Penso al caso della Guinea Conakry, dove la poderosa crescita della produzione di bauxite ha messo in crisi gli equilibri sociali e l’economia di aree già molto fragili, accrescendo il numero di giovani che hanno maturato la sofferta decisione di abbandonare il proprio Paese, già fortemente segnato dalla diffusione del virus ebola (a proposito, tra le aree più colpite dal virus ebola in Africa Occidentale ci sono proprio quelle maggiormente soggette al processo di deforestazione, cosa che ha portato i pipistrelli a più stretto contatto con le aree abitate dall’uomo) e da sanguinosi conflitti etnici e politici. 

Penso al clamoroso caso dei migranti provenienti dalle aree meridionali della Nigeria, dove la ricchissima attività estrattiva del petrolio non ha certo ridotto la povertà nelle aree interessate e che oggi fa i conti con l’affermazione di gruppi criminali e il degenerare delle condizioni di insicurezza sociale e personale. 

Penso, ancora, a quanto la questione ambientale abbia inciso sulle recenti migrazioni dal Sahel e quanto persino il tragico conflitto siriano sia stato esacerbato dalla siccità e dalla crisi alimentare verificatasi negli anni precedenti all’inizio degli scontri armati. 

Alla fine di questo periodo di emergenza, non basterà quindi tornare ad abbracciarci. Sarà il caso di mutare davvero il nostro stile di vita e di pensiero, prima ancora del modello economico e produttivo, compiendo scelte coraggiose a livello personale e collettivo. 

I nostri migranti forzati, specie quelli vittime di catastrofi ambientali, devono essere protagonisti di questo processo di cambiamento, stimolandolo attraverso le loro esperienze, le loro storie, le loro vite. I progetti di accoglienza sono preziosi anche per questo, perché offrono alle comunità ospitanti occasioni per comprendere meglio il mondo interconnesso. 

Spesso è proprio qui in Italia, durante il percorso in accoglienza e durante le attività di sensibilizzazione e educazione civica che regolarmente promuoviamo, che essi si rendono maggiormente conto di come le dinamiche connesse al cambiamento climatico, allo sfruttamento selvaggio del territorio e al consumo indiscriminato delle risorse siano state cause della loro fuga più delle guerre, del terrorismo, dell’odio interetnico, che spesso e volentieri costituiscono soltanto un effetto perverso della devastazione ambientale. 

Che questa Giornata della Terra sia dunque celebrata nelle nostre coscienze, pronte a raccogliere la sfida ecologica contro le pandemie, le disuguaglianze e i consumi senza misura.