Siria, stop ai bombardamenti sulla popolazione

L’escalation degli attacchi aerei russi e da parte del regime siriano contro la Ghouta Orientale, enclave ribelle alle porte di Damasco, è stata definita “mostruosa campagna di annichilimento” dall’ Alto Commissario ONU per i diritti umani Zeid Ra‘ad al-Hussein, mentre l’ UNICEF ha introdotto così un comunicato in bianco

“Nessuna parola può rendere giustizia ai bambini uccisi, alle loro madri, ai loro padri e ai loro cari”. Non ci sono rifugi sicuri per gli oltre 380.000 civili superstiti nella Ghouta. Dalla notte tra il 18 ed il 19 febbraio fino ad oggi il cielo non è mai stato sgombro dai caccia o dagli elicotteri delle aviazioni russa e siriana.

Il bilancio delle vittime accertate dopo le prime 96 ore era già di 263 civili, oltre a quelli che non è stato possibile recuperare da sotto le macerie o di cui non è stato possibile accertare il decesso. Non c’è ancora chiarezza sulle vittime dovute invece ai lanci di razzi da parte di miliziani vicini all’opposizione contro le aree civili di Damasco, ma la tv di stato siriana parla di 3 vittime e 22 feriti questa settimana.

Parallelamente proseguono i bombardamenti e l’invasione illegale della Turchia nel cantone a maggioranza curda di Afrin, con circa 100 vittime civili (di cui 34 bambini e 17 donne) e oltre 55000 sfollati dall’inizio dell’offensiva, che nessuno sembra voler sanzionare.

L’escalation della violenza deve essere fermata, la diplomazia internazionale non può essere immobilizzata dalle minacce di veto della Russia a Risoluzioni ONU e dalla voce forte della Turchia. L’Italia e l’Unione Europea devono fare pressione su tutti i soggetti in campo a partire da Russia, USA, Iran e Turchia perché operino per l’immediata cessazione del conflitto.

Le numerose lettere ed appelli che emergono dalla Ghouta Orientale e dalle organizzazioni umanitarie che lavorano in Siria sono tutti accomunati dalla richiesta di un immediato cessate il fuoco e la fine dell’assedio pluriennale a cui è sottoposta la popolazione civile, ridotta dai 2 milioni e mezzo pre-2011 agli attuali 380.000.

In seconda istanza, la richiesta è quella che quantomeno si dia seguito agli accordi presi nella conferenza di Astana nel luglio 2017 – garantiti proprio da Russia, Turchia ed Iran – che prevedevano l’istituzione delle “de-escalation zones” con l’apertura di canali per l’ingresso sotto la supervisione ONU di aiuti nelle aree sotto assedio e la fuoriuscita dei casi clinici gravi che necessitano di cure mediche non disponibili in quelle aree, accordi rimasti finora lettera morta.

In tutti i messaggi provenienti dai civili della Ghouta o dalla fiorente rete di organizzazioni di società civile presenti nell’area si rifiuta qualsiasi deportazione forzata mascherata da “evacuazione”, scenario già visto ad Aleppo e in altre 7 località nonostante la supervisione ONU.

Visti i precedenti, tra le richieste c’è anche quella di garanzie internazionali, dato che alcune persone evacuate per ragioni sanitarie sono state arrestate dal regime di Damasco e molti degli “evacuati” da Aleppo o dalle altre città menzionate si sono trovati in campi profughi sperduti e senza alcuna assistenza, in condizioni umanitarie estreme.

La Rete della Pace si associa a queste richieste e sollecita il governo italiano a premere per il cessate il fuoco sulla Ghouta orientale e su Afrin. Chiediamo a chi ama la pace, nel nostro paese, di mobilitarsi, inviare un messaggio di solidarietà alla popolazione civile vittima dei bombardamenti (Su Facebook @ActForGhouta) e sostenere chi presta aiuti umanitari ad Afrin (Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia ONLUS).

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